Tantra: un universo incompreso
Manoscritto tantrico risalente all’XI-XII secolo. (Wikipedia)
Introduzione
Prima di approcciarmi al Tantra per ragioni di studio, ammetto di essere caduta a mia volta nella trappola del pregiudizio occidentale nei confronti di questa materia. Poi ho capito che il Tantra è oggetto di numerosi equivoci, ma basta voler andare più in profondità per coglierne la vera essenza. È da questa mia volontà che nasce la seguente ricerca; non solo per fare chiarezza su uno dei più importanti movimenti culturali dell’India, ma anche per rivendicare la tradizione su cui si basa il cammino dell’Hatha Yoga (letteralmente, “unione di sole e luna”), l’antenato dello yoga moderno.
La via dell’accettazione
Il Tantra è un fenomeno culturale sorto in India intorno al I millennio d.C. e consolidatosi specialmente nella regione del Kashmir, che ne divenne la culla. Non si tratta di una sola dottrina, bensì di un vastissimo insieme di testi, insegnamenti spirituali e tradizioni esoteriche, tutti facenti capo al concetto di Tantra. Anche dal punto di vista letterale, il termine sanscrito tantra è spesso tradotto come “telaio”, “ordito”, proprio perché la radice del verbo tan si riferisce allo stendere di tessuti, e quindi, in senso lato, “stesura”, “opera”.
Il termine tantrismo è un’invenzione occidentale, risalente al primi del Novecento, che iniziò a essere usato impropriamente per indicare un insieme di pratiche e credi ritenuti sostanzialmente differenti e scollegati da ciò che era noto delle religioni dell'India. Prese piede, così, la convinzione che in India esistessero due tradizioni religiose ben distinte tra loro: il Brhamanesimo da una parte, e il Tantrismo dall’altra. In realtà, come spiega l’indologo italiano Raffaele Torella: “Nel tantrismo non c'è un'altra India che viene alla riscossa, ma l'unica India che, proprio all'interno della sua élite brahmanica, sente giunto il momento di riformulare se stessa per garantire la sua futura sopravvivenza.”
Infatti, contrariamente all’idea che si fosse originato spontaneamente tra le genti povere delle campagne, il Tantra si sviluppò ai livelli più alti della società, nella casta dei bramini (i sacerdoti induisti), in risposta alla visione dualistica del Vedismo. Secondo loro, questa visione arcaica, basata sulla rinuncia, non era più adatta alla contemporaneità (Kali Yuga, o età del ferro e fuoco), ormai molto lontana dall’era illuminata dei Veda (Satya Yuga, o età dell’oro); c’era bisogno di un nuovo cammino da seguire che fosse meno rigido e più in linea con la vita di un capofamiglia, piuttosto che di un asceta.
Il Tantra è un movimento non dualistico costruito sull’idea essenziale che ogni cosa nell’universo è manifestazione del divino, e può dunque essere utilizzata come strumento di conoscenza di se stessi e della realtà.
Qualcosa di sinistro
Allora è facile capire perché, all’occhio occidentale, il Tantra appaia in contrasto con la morale cristiana: se tutto è manifestazione del divino, la distinzione tra “puro” e “impuro” non sussiste, come non sussiste il concetto stesso di dualismo. Il carattere non dualistico del Tantra, infatti, si estende anche all’uguaglianza sociale, poiché, se tutti gli individui sono espressione dell’energia originaria, tutti gli individui sono uguali, senza discriminazioni di sesso o ceto.
Ciò che, a mio avviso, è meno giustificabile, è l’interpretazione degradante che ne ha fatto l’Occidente, diffondendo un’idea distorta di questo fenomeno all’interno della nostra cultura. Il problema principale è l’associazione del Tantra al sesso, non perché sbagliata di per sé, ma perché fondamentalmente fraintesa. Il sesso è parte della vita e quindi, nella visione tantrica, parte a tutti gli effetti dell’esperienza che l’essere umano fa dell’universo; ma non è il fine, quanto piuttosto uno dei tanti mezzi a disposizione per realizzare la coscienza individuale – e, di riflesso, quella universale.
Il dio Bhairava in unione sessuale con la dea Kali, si erge sul corpo del dio Shiva immobile sulle fiamme. Acquerello del XVIII secolo. (Wikipedia)
Sicuramente, all’origine di tutti gli equivoci è il filone di rituali tantrici più spinti, appartenenti alla cosiddetta “via della mano sinistra” (Vama marga). Questa via, contrapposta a quella della mano destra (Dakshina marga), prevede l’utilizzo dell’unione sessuale (Maithuna) come mezzo per giungere al risveglio dell’energia Kundalini.
Già la traduzione del sanscrito Vama come “sinistra” è problematica, perché, pur essendo letteralmente corretta, è concettualmente fuorviante. In Occidente, infatti, il lato sinistro rimanda alla negatività, a qualcosa di “sinistro”, appunto, mentre in contesto tantrico (e yogico) si riferisce a “ciò che sta alla sinistra della Sushumna”, ovvero Ida nadi, il canale che a livello anatomico sottile corrisponde all’energia lunare (quindi femminile) presente in ognuno di noi.
Nello specifico dei riti tantrici, la donna siede proprio alla sinistra dell’uomo e rappresenta la Shakti, l’energia creatrice che, nella mitologia induista, coincide con la dea che si unisce al dio Shiva (la coscienza) per dare luce al mondo.
Cosa c’è di scabroso in una tradizione che esalta l’esperienza sensuale ed eleva la figura della donna al pari di una dea? Per una società patriarcale come la nostra, fondata su una religione che vede il Diavolo tentatore nei piaceri terreni, beh… tutto! Con questo non intendo schierarmi a favore né dell’una né dell’altra cultura, ma solamente evidenziare quello che per me è un’ovvia ragione all’origine del pregiudizio occidentale nei confronti del Tantra.
Il Neo-Tantra
Ecco che viene in nostro soccorso il termine adatto per indicare l’uso del concetto di Tantra nella cultura occidentale moderna, che poco ha in comune con il Tantra indiano: Neotantra, o Neotantrismo. Questa nuova corrente di pensiero sorge nel contesto New Age degli anni ‘60-’70 del Novecento, quando la voglia di rompere gli schemi politici, sociali, culturali e religiosi trovò terreno fertile nello spiritualismo di matrice orientale.
Quando poi, negli anni ‘80, il moderno esponente del Tantra Osho Rajneesh mise l’accento sulle pratiche sessuali legate al Tantra, molti allievi occidentali, cresciuti in un paradigma religioso dove la ricerca spirituale era associata alla rinuncia al piacere, si sentirono sollevati di poter includere il sesso nel loro percorso spirituale.
La principale fonte di incomprensione sta nel confondere il raggiungimento della beatitudine, che per il Tantra si ottiene attraverso la profonda meditazione e l’unione mistica dei principi maschile e femminile (non effettiva), con il raggiungimento dell’orgasmo, attraverso il mero atto sessuale.
Tantra e Yoga
Studiare il Tantra mi ha permesso di meglio comprendere le origini della tradizione dell’Hatha Yoga, visto come “scala verso le vette del Raja Yoga”: gli antichi yogi avevano capito che prima di arrivare alla mente, dovevano necessariamente passare per il corpo.
Studiare il Tantra mi ha anche messa di fronte al problema dell’appropriazione culturale dello yoga da parte dell’Occidente, cioè l'adozione o l'utilizzo in maniera inappropriata o inconsapevole di elementi di una cultura da parte dei membri di una cultura dominante; proprio quello che è successo a questo fenomeno.
È, quindi, con consapevolezza che desidero affrontare il mio cammino da insegnante, e con umiltà che voglio farmi portavoce di un sistema di pensiero profondo e complesso quale il Tantra – di cui, per ora, conosco solo la punta dell’iceberg.